a Eugenio Montejo, in memoria
La città eterna ci rovina addosso, non bastano le palafitte
né il verde profumo della savana. Ai tropici fa freddo
e a volte cadono persino grappoli di neve.
Sono stato sotto i ponti e ho visto le tenebre
le croci, il fiume tagliato in due dall’oceano dei liquami
il tatuaggio di nuvole sulla pelle strappata alle lucertole.
Crolla addosso la pioggia di settembre
i conflitti sul lavoro con le scimmie ammaestrate
i pugni allo stomaco dati e ricevuti
la manciata di chiodi che segnano il percorso
gli alberi strappati alla terra, le menti telecomandate.
La ripresa del sogno
perso al volo, in salita
bagna il becco nel nero delle strade
nella calma dei buoi che trascinano
le foglie dei platani, degli ulivi
persino dei banani dove sta scritta la vita.
I lampi sinistri del Tevere illuminano gli sfregi sul volto della Terra.
Nel paesaggio saldo e assoluto delle rovine che ci rotolano addosso
oggi trovo un canto e ti vengo incontro (se posso, se me lo permetti)
negli occhi la luce sfibrata e tenera di Roma
sulle sponde le pietre del fiume. E questa voce che alla tua s’affianca.
Alex Brando